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I sette archetipi di Booker

Ad arricchire il confronto sul tema degli schemi narrativi, nel 2004 compare sul mercato il libro “The Seven Basic Plots: Why We Tell Stories” dello scrittore britannico Christopher Booker.

Booker, provando a fare sintesi, afferma che pur essendoci una infinità di storie possibili, il numero degli schemi di riferimento è circoscritto a sette, come le note musicali, i giorni della settimana o i peccati capiatali, e tutte le storie ne seguono almeno uno.

Per quanto particolare una storia possa essere, si rifà sempre ad una trama già scritta. Non c’è romanzo, racconto, film o serie televisiva, pièce teatrale o spot pubblicitario che non possa esser ricondotto ad una delle sette trame archetipiche che ricorrono nella narrazione.

Anche se le storie non aderiscono perfettamente ad un solo schema, anzi normalmente sfruttano combinazioni di trame diverse, queste sono tutte perfettamente distinguibili.

Nel mondo del marketing e del digital storytelling, la sfida per un creativo non è quindi quella di inventare una storia, ma scegliere il tipo di storia più adatto a raccontare il brand di riferimento.

Andiamo quindi a conoscere i sette archetipi proposti da Booker.

1. Sconfiggere il mostro. È il plot per eccellenza, nel quale l’eroe accetta la sfida di combattere qualcosa di più grande di lui per arrecare un beneficio a se stesso e al mondo circostante. Il mostro non deve essere necessariamente una creatura del mondo esterno. Può benissimo essere un mostro interiore come la paura. E in generale può esser rappresentato da qualsiasi ostacolo che si frapponga tra il protagonista della storia e la sua realizzazione. Nel marketing moderno, decisamente orientato al consumatore, l’eroe è il cliente che affronta e vince la sfida con le “armi” che il brand gli fornisce. Solitamente la storia è a lieto fine: il protagonista, contro tutti i pronostici, sconfigge il suo avversario.

2. L’ascesa. Il riscatto, la rivincita. Da un punto di partenza sfavorevole (sofferenza, malattia, umiliazione o sconfitta), l’eroe, inizialmente sottovalutato da tutti o con scarsa fiducia in se stesso, a un certo punto vive una trasformazione che lo porta alla ribalta e ne rivela capacità e virtù fino a quel momento nascoste o sottoutilizzate. Booker definisce nel libro questa ascesa “dalle stalle alle stelle” con l’espressione “rags to reaches”. In pubblicità, si può intendere il periodo sfortunato o maledetto come lontano dal brand.

3. La rinascita. Una storia di rinnovamento. Un evento importante nella storia del protagonista lo costringe a rivedere tutti i suoi punti di vista. In pubblicità, a favorire questa rinascita è proprio l’incontro con il brand. Un momento che rappresenta una vera e propria illuminazione.

4. The quest. La missione, la ricerca. Il salto nel buio o l’esplorazione dell’ignoto. In quasi tutte le narrazioni, l’eroe deve portare a compimento una missione. Nella ricerca, l’eroe deve affrontare un lungo e pericoloso viaggio e superare ogni sorta di ostacoli fino alla vittoria. Nel mondo della pubblicità, il nostro eroe fa propri i valori del brand per raggiungere la meta.

5. Il viaggio. Andata e ritorno. Tante sono le storie di trasformazione attraverso un viaggio. A racchiudere questo archetipo basterebbe la celebre frase di John Steinbeck “Le persone non fanno i viaggi, sono i viaggi che fanno le persone”.

6. La commedia. La commedia si basa su una serie di eventi divertenti, spesso causati da equivoci di identità tra personaggi, o qualche altro genere di confusione. In pubblicità, gli eventi comici spesso si usano per descrivere le sfortunate situazioni in cui un cliente si può trovare se non utilizza i prodotti del brand. Forse il più difficile da fare bene, ma è anche quello più popolare nella pubblicità.

7. La tragedia. Dai Greci a Shakespeare, le tragedie sono storie sul lato oscuro dell’umanità e sulla natura futile dell’esperienza umana. La pubblicità raramente utilizza questo tipo di storie, se non nel marketing sociale, dove racconti “forti” possono convincere le persone a prendersi cura di un problema. La tragedia è una storia senza lieto fine. Negli altri schemi l’eroe è vittorioso, ma questo schema prende una strada ben diversa, alla fine della quale si trovano morte e disperazione. In comunicazione, da utilizzare con cautela, è associata al fundraising per opere di carità.

In conclusione, «dall’ Iliade al Signore degli Anelli, dalla tragedia greca ai cartoni animati, si può dire che ogni genere di storia, per quanto seria o triviale, proviene dalle medesime fonti e abbraccia gli stessi archetipi», sostiene il controverso professor Booker.

Non sorprende se il libro suscitò immediatamente un dibattito tra critici e scrittori in Inghilterra. Il romanziere Philip Pullman obiettò che le trame sono perlomeno undici, aggiungendo alcune varianti alle categorie indicate da Booker, tra cui «La bella e la bestia». Il critico letterario inglese John Carey dichiarò caustico: «Se le trame fossero davvero soltanto sette, non dovrebbe esserci bisogno di un libro di ben settecento pagine per descriverle tutte». Viceversa, lady Beryl Bainbridge, affermata scrittrice di saggi e romanzi, sostenne la tesi di Booker. «Che siano sette, o poco meno, o poco più, è comunque evidente che le trame fondamentali sono poche. Ma ciò che si riesce a trarre da ciascuna di esse permette uno straordinario numero di variazioni sul tema, ed è in questo che si esprimono la creatività, l’ immaginazione, la fantasia». 

Insomma, non diamo i numeri: mettiamoci a scrivere!

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