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Da Propp in “Fabula”, mille modi e quaranta carte per scrivere una storia efficace

Tutte le storie presentano, al di là del luogo di origine e della cultura che le ha create, degli elementi comuni, una struttura che ha al suo interno gli stessi personaggi che ricoprono le stesse funzioni in relazione allo svolgimento della storia.

È questo l’assunto su cui si basa il saggio del linguista e antropologo russo Vladimir Propp, “Morfologia della fiaba”, pubblicato a Leningrado nel 1928 e ancora oggi punto di riferimento per gli storyteller di tutto il mondo.

Spostando la propria attenzione dagli elementi peculiari agli elementi ricorrenti nella maggioranza delle fiabe, Propp ne individua gli elementi unificanti. Questi non vengono identificati sulla base dei contenuti, ma in termini di azioni e funzioni. E lo studioso russo, nel suo celebre saggio, ne cristallizza trentuno.

In questa direzione, notevole attenzione riscuoteranno gli studi dello psicoanalista svizzero Gustav Jung sulla presenza di figure archetipiche nell’inconscio collettivo. L’archetipo è una forma trascendente, preesistente alla coscienza, che successivamente si sgancia dall’inconscio per diventare una forma senza contenuto.

Nessun archetipo è riducibile a semplici formule. L’archetipo è come un vaso che non si può svuotare, né riempire mai completamente. In sé, esiste solo in potenza, e quando prende forma in una determinata materia, non è più lo stesso di prima. Esso persiste attraverso i millenni ed esige tuttavia sempre nuove interpretazioni. Gli archetipi sono elementi incrollabili dell’inconscio, ma cambiano forma continuamente”, scrive Jung.

Gli archetipi si manifestano nell’inconscio collettivo attraverso risposte automatiche e ancestrali. Ma l’uomo anela alla libertà, quindi cerca di emanciparsi, costruendo una propria coscienza individuale.

Sugli studi di Propp e Jung, il saggista statunitense Joseph Campbell elabora nel secondo dopoguerra uno schema semplificato dell’impianto narrativo, sviluppando le sue teorie nei testi “L’eroe dai mille volti”, pubblicato nel 1949, e “Le maschere di Dio”, opera in quattro volumi, pubblicati tra il 1959 e il 1968.

Ma è lo sceneggiatore statunitense Christopher Vogler, influenzato dagli studi di Campbell e rielaborando il suo modello, a racchiudere tutto nella fortunata espressione “Il viaggio dell’eroe”, che diventa anche il titolo del libro che pubblica nel 1992.

Gli archetipi vengono sempre più utilizzati anche nel marketing per comunicare il valore di un brand, fino a confluire in quella disciplina denominata Archetypal Branding, teorizzata nel 2001 da Margaret Mark e Carol Pearson con il libro “The Hero and the Outlaw”. L’Archetypal Branding si basa su 12 archetipi junghiani che identificano 12 atteggiamenti primordiali dell’uomo, che – allo stesso tempo – possono aiutare a identificare i valori che il brand deve trasmettere ai propri clienti per posizionarsi in maniera netta nella loro memoria e conquistare un determinato mercato. Esattamente quello che si definisce brand positioning.

Una interessante elaborazione dei modelli narrativi, sempre più utilizzati non solo dalla letteratura e dal cinema, ma anche dal marketing e dalla comunicazione, è oggi confluita in “Fabula”: un percorso in 14 tappe denominato “Le fasi dell’eroe”, scritto dallo studioso di narratologia Andrea Binasco e dallo scrittore e designer Matteo Di Pascale, e predisposto su 40 carte divise in tre gruppi principali: Risorse, Sviluppo della storia, Intreccio.

Lo strumento è un vero e proprio mazzo di carte, basato su studi di letteratura e narratologia come il Viaggio dell’Eroe o la struttura a tre atti. Le carte sono dei contenitori da riempire: seguendole si può gestire la storia che si ha in mente, migliorandola nei punti critici e rendendola più completa.

Incollate al muro o disposte su un tavolo, le carte danno la visuale complessiva del progetto.

Le 11 carte blu, quelle delle “risorse”, aiutano ad organizzare gli ingredienti principali della storia: chi è il protagonista, chi sono i suoi alleati o nemici, qual è il tema centrale intorno a cui si sviluppa il racconto. Con le 18 carte gialle, invece, si da seguito allo “sviluppo dell’eroe”, le tipiche fasi dello sviluppo del protagonista: vita ordinaria, chiamata all’azione, eventuale rifiuto e incontro con un mentore, entrata in azione, che nella maggior parte dei casi coincide con l’incontro di alleati e nemici. Poi 11 carte nere dedicate all’intreccio. Se si vuole giocare con il “tempo” della storia come nei film di Christopher Nolan, le carte nere ci aiutano a gestire gli incastri senza perdere di vista gli obiettivi.

Fabula è uno straordinario strumento di “creatività procedurale”. Attraverso le sue carte, favorisce la costruzione di impianti narrativi razionali e aiuta a risolvere i problemi di percorso che possono essere legati allo sviluppo della trama, alla gestione degli intrecci o alla carenza stessa di creatività, fornendo un valido supporto in tal senso. Un’idea tutta made in Italy.

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